Come il cervello stima la controllabilità

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 19 marzo 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La stima della controllabilità dell’ambiente circostante è un compito di considerevole importanza che impegna il nostro cervello come quello di ogni animale, e l’influenza che tale valutazione può avere sul comportamento ci appare evidente se pensiamo alle situazioni reali che un individuo deve affrontare nella vita quotidiana. Si tratta di un’attività che non si può ridurre a una questione di “tentativo ed errore” ed è fortemente influenzata, soprattutto nella realtà umana, dallo stato interno del cervello responsabile dello stato mentale. Infatti, alti livelli di stress, un disturbo ansioso o una sindrome depressiva possono alterare o inficiare questa stima, inducendo le persone a ritenere che le proprie azioni non conterebbero nulla in una data circostanza, perché niente potrebbe modificare gli eventi, anche se le cose non stanno così.

Da decadi si cerca di comprendere la struttura di questo complicato processo cognitivo ma, soprattutto a causa di elementi che creano confusione concettuale e metodologica, i progressi sono stati finora molto limitati. Ma oggi, uno studio realizzato da ricercatori portoghesi e olandesi è riuscito a ottenere risultati inediti che hanno gettato nuova luce sulla stima cerebrale di controllabilità[1].

(Ligneul R. et al., Stress-sensitive inference of task controllability. Nature Human Behaviour – Epub ahead of print doi:10.1038/s41562-022-01306-w, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Champalimaud Research, Champalimaud Centre for the Unknown, Lisbon (Portogallo); donders Institute for Brain, cognition and Behaviour, Centre for Cognitive Neuroimaging, Radboud University, Nijmegen (Paesi Bassi); Department of Psychiatry, Radboud University Medical Centre, Nijmegen (Paesi Bassi); Department of Psychology, Institute of Psychology Office, Leiden Institute for Brain and Cognition, Leiden University, Leiden (Paesi Bassi).

Il meccanismo scoperto dagli autori dello studio qui recensito non era stato mai considerato in precedenza, ma in questo studio sono raccolte evidenze, dal livello dell’attività neurale a quello del comportamento, tanto significative da indicare in modo fondato che è questo il modo adottato dal cervello per decidere se è in grado di controllare eventi e circostanze.

Per giungere a questo risultato, Romain Ligneul e colleghi hanno dovuto in primo luogo concepire e realizzare l’esperimento giusto, affrontando il dilemma circa come si possa misurare obiettivamente la sensazione di controllo che è per definizione soggettiva. Ci sono riusciti con l’escogitazione di un compito in cui il giudizio misurabile coincide con la sensazione soggettiva[2].

Con queste prove, i ricercatori hanno accertato che nel cervello avvengono due processi di apprendimento in parallelo: uno che agisce come un attore e l’altro che sembra comportarsi da spettatore. Da quanto è emerso sembra che il cervello monitori continuamente e compari questi due processi per scegliere il migliore dei due per fare previsioni.

Per spiegare la fisiologia di questi due processi, come è emersa in questo studio, Romain Ligneul adotta la metafora del gioco del tennis: il sistema attore è dominante quando sei tu al servizio, perché il tuo cervello ha bisogno di calcolare quali azioni possono generare le traiettorie migliori; se invece sei tu in recezione, non sei tu che puoi determinare in quale punto del campo avversario far cadere la palla, allora il cervello opta per il sistema spettatore che consente di essere attento e pronto a comportarsi in modo adeguato all’arrivo della palla.

Definito questo funzionamento, i ricercatori hanno pensato di studiare l’impatto sul processo di condizioni simili a quelle che si producono negli stati ansiosi e depressivi, impiegando uno stressor imprevedibile che, allo stesso modo, crea la sensazione di non poter controllare una situazione in realtà controllabile. L’ipotesi formulata da Romain Ligneul e colleghi è che, se il loro modello basato sulla dicotomia sistema attore/sistema spettatore fosse stata corretta, lo stressor avrebbe indotto un’impropria restrizione nella posizione di spettatore. L’esperimento è stato condotto erogando ai volontari delle lievi scariche elettriche ripetute e il suo esito ha confermato l’ipotesi: i soggetti partecipanti alle prove avevano assunto la posizione di spettatore e soggettivamente ritenevano di non poter controllare una situazione del tutto controllabile.

In che modo ha agito lo stressor? Gli autori dello studio avanzano due ipotesi: 1) alti livelli di stress possono innescare l’attività di sistemi neuronici che compromettono l’ordinaria esecuzione di compiti cognitivi (ipotesi generica); 2) l’esperienza dello stress è come se avesse insegnato ai volontari che il mondo è imprevedibile e, dunque, l’attività del sistema attore è inutile (ipotesi specifica, ritenuta più probabile dagli autori dello studio).

Nella fase seguente dello studio, i ricercatori hanno indagato la base neurale di questo meccanismo. Questa volta i partecipanti hanno eseguito i compiti sperimentali all’interno di uno scanner di risonanza magnetica nucleare (MRI) per consentire il rilievo di immagini funzionali (fMRI, functional magnetic resonance imaging) del cervello in tempo reale durante le prove.

Le risposte dipendenti dal livello di ossigeno del sangue all’interno dell’area dello striato (nucleo caudato e parte esterna del nucleo lenticolare) e della corteccia prefrontale mediale tracciavano la differenza istantanea nella previsione degli errori generati dai due modelli statistici di apprendimento. L’attività dipendente dal livello di ossigeno del sangue nella corteccia posteriore del giro del cingolo, e nelle cortecce temporo-parietale e prefrontale co-variavano con i cambiamenti nella stima di controllabilità. Le immagini fMRI hanno evidenziato anche, negli esperimenti con lo stressor costituito dalle scariche elettriche, che aumentava l’affidarsi alla posizione di spettatore, secondo un pattern che ricorda quello delle persone sofferenti di disturbi d’ansia.

In conclusione, questo studio fornisce la prima definizione di un meccanismo per il processo cerebrale di inferenza della controllabilità e documenta il modo in cui viene alterato dall’esposizione allo stress.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-19 marzo 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Da notare che la valutazione di questo studio, che sembra abbia risolto in modo semplice e brillante un annoso problema di costruzione del modello sperimentale, è stata tutt’altro che semplice per i referee della rivista Nature Human Behaviour, anche loro impegnati in questo campo. Infatti il lavoro, presentato nel 2020 e accettato dopo due mesi, è stato portato solo ora in pre-pubblicazione elettronica e vedrà le stampe fra un po’ di tempo ancora.

[2] Per la descrizione del compito, necessariamente lunga e non riassumibile, si rimanda al testo integrale dell’articolo originale.